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Qualche riflessione sul Global Trends in Giving Report 2020

Global Giving Trend 2020

Qualche giorno fa è stato pubblicata la terza edizione del Global Trends in Giving Report, realizzato da Nonprofit Tech for Good e sostenuto da Funraise (scaricabile gratuitamente da questo link: https://www.funraise.org/giving-report).
L’indagine, che ha una cadenza biennale, cerca di esplorare e comprendere meglio le modalità preferite di donazione e di coinvolgimento in cause sociali, con particolare attenzione alla dimensione tecnologica e digitale.
L’analisi, oltre a una panoramica globale, offre dei focus specifici sulle aree geografiche: Africa, Asia, Australia e Nuova Zelanda, Canada e USA, Europa e America Latina e Caraibi.

Attenzione alla metodologia e alla rappresentatività

Come succede spesso in questo tipo di indagini, vi è un grosso problema di rappresentatività statistica. Cosa vuol dire in pratica? Che non è possibile generalizzare i risultati all’intera popolazione ma rispecchiano solo il comportamento dei soggetti intervistati.
Per diffondere il questionario, vengono coinvolti dei partner nazionali (per l’Italia è stata Italia non profit). Se prendiamo i dati complessivi, al Report hanno risposto 13.468 persone di 133 nazioni differenti. Analizzando meglio si può osservare che 6.195 (46%) sono canadesi e “solo” 1.212 sono gli italiani (secondo Paese per rappresentanza nel campione). In generale, il 74% delle risposte vengono da soli 5 Paesi (Canada, Italia, Brasile, USA e Israele). È facile intuire quindi la difficoltà di considerare i valori rappresentativi della popolazione mondiale (India e Cina hanno quasi il 40% della popolazione mondiale e qui sembrano quasi essere inesistenti). Lo stesso ragionamento si potrebbe fare per l’Europa (dove il 47% delle risposte vengono dall’Italia, il 15% dalla Romania, il 9% dalla Macedonia del nord, il 7% dalla Francia e il 6% dall’Irlanda).

A questo aspetto va poi aggiunto che il questionario era online e veicolato tramite email e social media. Questo non solo esclude tutti i potenziali donatori che non sono digitali (l’ultima rilevazione DESI 2020, riporta ad esempio che il 17% della popolazione italiana non ha mai utilizzato internet nella propria vita, cifra che è quasi il doppio della media UE), ma su questi strumenti la diffusione tende a muoversi all’interno di “bolle” che rischiano di coinvolgere persone con comportamentali molto più simili tra loro. Immaginate solo di usare la mailing list di un’organizzazione: quasi sicuramente vi sarà uno sbilanciamento arbitrario verso persone che sono attente al sociale e potenzialmente donatrici rispetto a chi non è per nulla interessato a questi aspetti.
Nella nota metodologica vengono specificati bene questi limiti: “results only represent the views of respondents that (1) read Arabic, English, French, Italian, Portuguese, Spanish, and Taiwanese Mandarin [ndr. lingue in cui è stato tradotto]; (2) have access to the Internet; and (3) use email and/or social media.”
E allora che possiamo fare di questi dati? Vi potrebbero essere diverse interpretazioni rispetto il vostro livello di rigidità nell’analisi, ma forse quella più utile è di considerarli come un modo per individuare alcuni possibili trend su cui fare un’ulteriore riflessione. L’importante è evitare qualsiasi generalizzazione alla popolazione di riferimento.

10 (+1) spunti interessanti che emergono dal focus Europa

È importante una breve premessa: da uno sguardo attento si comprende la forte influenza sui risultati del fatto che abbiano risposto persone fortemente avvezze al mondo digitale.
Strumenti di donazione digitali: stanno prendendo sempre più piede, soprattutto le carte di credito e i bonifici bancari (che come emerge dall’indagine Donare 3.0, avvengono in grandissima parte tramite home banking). Le donazioni con posta sono scese di qualche punto percentuale, segno che è uno strumento scarsamente utilizzato dagli internauti.
La donazione regolare come abitudine: quasi la metà dei rispondenti conferma di essere coinvolto in un programma di donazione regolare, principalmente mensile.
I social come ispiratori: un intervistato su tre ha individuato nei social media (prevalentemente Facebook e Instagram) lo strumento in grado di stimolare maggiormente la donazione, seguito da sito web ed e-mail. Tendenza che si trasforma anche in una forte propensione ad aderire alle raccolte fondi tramite Facebook, comportamento che la quasi totalità dichiara di essere disponibile a ripetere.
Interesse per lo shopping online solidale: emerge che in Europa c’è una forte propensione rispetto il resto del mondo a fare shopping online in store che generano benefici anche per le organizzazioni non profit.
Donazioni da app mobile: rispetto a strumenti futuri che potrebbero attrarre i donatori, i dati mostrano un forte interesse verso app mobile che permettano di fare donazioni rapide e che utilizzino meccanismi di gamification (badge) e ricompense (punti riscattabili). Mentre sembrano essere poco interessati a donazioni tramite smart TV e assistenti vocali integrati negli speaker.
E-mail e social per donazioni successive: considerato la natura digitale dei rispondenti, vengono indicate le comunicazioni tramite e-mail e sociale come molto più efficaci nel ripetere una donazione rispetto la carta stampata, note scritte a mano e chiamate personali.
Digitale e volontariato un binomio vincente: ancora una volta emerge che gli internauti hanno una buona propensione a svolgere attività di volontariato e che oltre al tempo tendono a donare anche soldi all’organizzazione in cui sono attivi.
Posti di lavoro e donazioni un binomio che non decolla: dai dati emerge che ancora pochissimi degli intervistati sono stati coinvolti o hanno aderito in un programma di donazione nel posto di lavoro.
L’eticità non è in dubbio: la quasi totalità dei rispondenti riconoscere al non profit un ruolo fondamentale nel creare cambiamento sociale e soprattutto non ha dubbi sull’eticità nel comportamento e sulla fiducia verso il loro operato.
GivingTuesday non conosciuto: rispetto Canada e USA, Asia e Africa il GivingTuesday è ancora un’occasione poco sfruttata, da un lato una persona su tre decide di non donare, dall’altro più della metà non ne hanno mai sentito parlare.
Digitale è il futuro: oggi appare essere una frase molto scontata per molti di noi, ma la quasi totalità del campione ha confermato che le organizzazioni dovrebbero investire maggiormente risorse finanziarie sulla comunicazione digitale per non rischiare di scomparire.

In conclusione il Global Trends in Giving Report 2020 evidenzia come il mondo delle donazioni si stia spostando sempre più verso una dimensione digitale, non solo per quanto riguarda gli strumenti di donazione, ma soprattutto per le occasioni di attivazione (crowdfunding, peer-to-peer fundraising ecc.) e come modalità di aggiornamento e coinvolgimento dei donazioni abituali, occasioni e soprattutto potenziali.

Chiudiamo questa breve analisi con un ultimo dato sui non-donatori: la maggior parte degli intervistati a livello globale afferma che la causa principale è da imputare alla mancanza di disponibilità economica oppure nel preferire un impegno come donatore di tempo e/o di beni.

 

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