Approfondimenti utili per coloro che praticano la professione o vorrebbero scoprire le opportunità del Fundraising .
“A tu per tu con il socio ASSIF”
Dietro ad ogni socio ASSIF, c’è un fundraiser con tante storie da raccontare.
Oggi vi presentiamo Fabio Pasiani, referente di ASSIF Lombardia che da oltre dieci anni si occupa di fundraising, questo “mix straordinario di ragione e sentimento”, e che sta vivendo questa emergenza proprio nella regione più colpita dal COVID-19.
1. La professione di fundraiser, una scelta o un caso?
Ho cominciato a capire che il fundraising poteva essere la mia strada quando per produrre gli spettacoli della compagnia che avevo fondato a Venezia ho trovato risorse da bandi e da un crowdfunding ante litteram. E’ da lì che ho cominciato a studiare, a maturare le esperienze e le scelte che mi hanno portato oggi a dare il mio contributo in Fondazione Renato Piatti (che si occupa di persone con disabilità e autismo a Varese e Milano) come responsabile individui e a vivere questa sfida pazzesca della raccolta fondi durante il lockdown.
2. Quali sono secondo te le skills più richieste nella professione di fundraiser?
La capacità di pianificare e programmare le attività di raccolta fondi ancorandosi ai numeri e alla realtà della propria ONP, intravedere linee di sviluppo concrete, tenere una salda connessione con la prima linea dei servizi, lì dove il dono ha un impatto trasformativo sul mondo. Perché è questo quello per cui lavoriamo: un mondo migliore di questo.
3. Quando sei entrato in contatto con Assif per la prima volta e cosa vuol dire per te far parte dell’Associazione Italiana Fundraiser?
Circa dieci anni fa ho cominciato a frequentare gli eventi e da subito ho trovato grande valore aggiunto nella rete di relazioni che ho potuto creare. Negli anni è stato un punto di riferimento per aggiornarmi e per confrontarmi con i colleghi sui dubbi e le criticità che ho affrontato come fundraiser. Oggi per me essere socio Assif vuol dire contribuire a far crescere l’associazione che in Italia rappresenta la nostra professione per far sì che possa contare sempre di più in un momento in cui il Paese e il mondo stanno attraversando una prova drammatica e quindi il ruolo del fundraiser è sempre più cruciale.
4. Che consigli daresti ad un giovane che vorrebbe intraprendere la carriera del fundraising?
Studia, guarda come funzionano le campagne della tua ONP preferita, fai volontariato, quando sarà possibile partecipa alle campagne di piazza di qualche ONP del tuo territorio: il fundraiser è un mix straordinario di ragione e sentimento.
5. Dove porteresti a cena un major donor?
Lo porterei ad una cena con le famiglie degli ospiti di un centro di Fondazione Piatti, quando le famiglie e le persone con disabilità condividono con gli operatori una serata come una grande famiglia. Perché anche lui o lei possano sentirsi parte di quella famiglia.
6. Dì una cosa nel dialetto della tua regione a tutti i fundraiser?
Vivo in Lombardia quindi direi “Milan col coeur in man” che vuol dire “Milano con il cuore in mano” per ricordarci che è al cuore delle persone, alla loro umanità, al loro sistema di valori che dobbiamo connetterci prima di chiedere una donazione.
7. A causa dell’emergenza corona virus, stiamo vivendo un momento di grande cambiamento e ri-progettazione del nostro lavoro di fundraiser. Tu come la stai vivendo, cosa è cambiato e cosa consiglieresti di fare ad un giovane collega che magari non ha mai affrontato “il piano B”?
Io stesso non avevo un piano B a fine febbraio. Come tutti oggi lavoro da casa, sento i miei colleghi in videocall, faccio molte più telefonate di prima. In Fondazione Piatti abbiamo servizi residenziali per persone con disabilità quindi abbiamo dovuto mettere a regime in tempo zero protocolli di sicurezza sanitaria con acquisto massivo dei Dispositivi di Protezione Individuali che tutti abbiamo imparato a conoscere: mascherine, tute, guanti, termometri, occhiali protettivi. Ovviamente sono spese che non erano previste a bilancio.Quindi ho messo su una campagna di crowdfunding sul sito di Fondazione Piatti e ho orientato lì tutto quello che ho potuto: ho inserito un appello speciale nella lettera che ormai era già pronta, ho mandato SMS e preparato una mini campagna di email marketing.
Io e i miei colleghi abbiamo intensificato il donor care inteso come ringraziamento del sostegno e aggiunto una domanda d’oro: “Come stai?” Stiamo tutti vivendo un momento unico, viviamolo insieme ai nostri donatori, gli farà piacere che ci ricordiamo di loro, che ci interessiamo a come stanno, che gli facciamo sapere come vanno le attività che hanno sostenuto e se qualcosa è cambiato per noi. Molti hanno deciso di sostenerci ancora. I grandi donatori stanno facendo la differenza in termini di raccolto assoluto ma sono davvero tanti i donatori che si sono riattivati dopo anni di dormienza. Quindi i consigli sono: mantenere un contatto diretto con la direzione per sapere cosa cambia in tempo reale, razionalizzare gli investimenti ma non fermarsi aspettando che la buriana sia passata, perché non passerà velocemente, mettere in piedi una campagna digital per piccola che sia, tenere la relazione con i donatori più stretti, chiamarli, scrivergli mail personali, aggiornarli su quello che sta succedendo nella vostra ONP.
Per adesso stiamo a casa e speriamo di poter presto tornare a vederci di persona.
A cura di Eleonora Mancinotti, socia ASSIF
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