Approfondimenti utili per coloro che praticano la professione o vorrebbero scoprire le opportunità del Fundraising .
“A tu per tu con il socio ASSIF”
Dietro ad ogni socio ASSIF, c’è un fundraiser con tante storie da raccontare.
Letizia Bucalo, referente del Gruppo Terrritoriale Sicilia, ne ha veramente molte che vale la pena ascoltare. Come la terra dalla quale proviene sono storie ricche di passione, generosità ed entusiasmo, storie da cui sapere trarre ispirazione e consigli da tenere nel cassetto del “buon fundraiser”.
1. La professione di fundraiser, una scelta o un caso?
Direi che è stata una scelta aiutata dal caso. Ed il “caso” è essere nata da due culture diverse, quella sicula è quella francese. Queste culture, seppure differenti, hanno fatto di integrazione culturale, dono, ospitalità, parte integrante dell’educazione che ho ricevuto. Sono cresciuta in Sicilia, una terra che in quanto a generosità ed enfasi di emozioni non è seconda a nessuno. Il fundraising ha sempre fatto parte della mia vita. Perché è stata la mia famiglia a farmi comprendere che donare, donarsi e dedicarsi ad una causa hanno un valore inestimabile.
Sono e resto una fundraiser “atipica”. Il mio è un fundraising legato a doppio filo alle attività di comunicazione sociale. Ed è un fundraising che opera in un territorio – quello del Sud Italia – in cui gran parte di ciò che ho appreso ed ascoltato negli anni (anche dai più autorevoli colleghi del nord) non sempre è stato “attuabile”. Direi quasi mai. Quindi, le parole d’ordine di chi opera nel nostro settore qui a Sud restano creatività e resilienza!
2. Quali sono secondo te le skills più richieste nella professione di fundraiser?
Non so se siano le più richieste, ma dovrebbero. Credo che per poter ottenere risultati, raggiungere traguardi ambiziosi, sia necessario avere più competenze ed attitudini (e sia chiaro che, nonostante sappia individuarle, ciò non significa che riconosca di possederle tutte!): creatività, pazienza, visione strategica, buona ars oratoria, capacità relazionale. E ancora deve sapere di comunicazione. Tutta la comunicazione (ufficio stampa, rassegna, social media, copy, video, grafica e tanto altro).
3. Quando sei entrato in contatto con Assif per la prima volta e cosa vuol dire per te far parte dell’Associazione Italiana Fundraiser?
Ho avuto due “primi contatti”. Quando decisi di richiedere l’iscrizione – in modo un po’ superficiale e senza starci troppo a pensare su – almeno un decennio fa. E poi c’è stata la mia “seconda” prima volta. Quando ho conosciuto alcuni soci ASSIF. Quando ho conosciuto Giulia Barbieri, Davide Moro e poi Julia Hoffmann, Ermanno Martignetti, Fabio Salvatore. Quando ho conosciuto le tantissime persone che hanno saputo regalarmi esperienze, hanno voluto raccontarsi, condividere con me l’amicizia (quella sincera) e il loro vissuto professionale.
Sono tanti gli amici a cui mi sento legata! È stata quella la mia prima volta: tutte le volte che ho compreso quanto il confronto tra noi fosse il dono più bello che potessi ricevere da questa associazione.
4. Che consigli daresti ad un giovane che vorrebbe intraprendere la carriera del fundraiser?
Di non dimenticare mai che un fundraiser deve saper comunicare. Che deve imparare ad incassare ogni colpo. Che dovrà avere il coraggio di essere se stesso, sempre. Perché sarà la passione per ciò che fa a renderlo speciale. Se poi terrà sempre a mente che tutto ciò che fa non è per sé ma per sostenere una causa, allora troverà anche l’ultima cosa che non dovrà mancargli mai: il coraggio di parlare, di fare, di tacere, di riposare, di sorridere, di stringere la mano, di abbracciare, di allontanare, di ringraziare, di ricevere e di donare a sua volta.
5. Dove porteresti a cena un major donor?
In Sicilia? Ovunque! E, perché no? Anche a casa mia!
6. Dì una cosa nel dialetto della tua regione a tutti i fundraiser?
“Caliti juncu chi passa la china”, che significa “chinati giunco finché passa la piena”.
Il giunco è una pianta molto flessibile. È la metafora di chi con saggezza comprende che alle volte anche le esperienze peggiori, quelle più tristi, quelle che ci fanno più rabbia, quelle che ci portano allo sfinimento e sembrano spegnere l’entusiasmo, andrebbero semplicemente accettate piuttosto che contrastate. Con la resilienza tipica di chi riesce ad essere flessibile (come il giunco) trovando il modo di far scorrere lontano rabbia e dispiacere, per il tempo necessario. Poiché, il più delle volte, opporre resistenza può significare spezzarsi davanti alla forza devastante di una piena.
Un fundraiser, secondo me, deve saper essere sia giunco che piena.
A cura di Eleonora Mancinotti, socia ASSIF
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