Approfondimenti utili per coloro che praticano la professione o vorrebbero scoprire le opportunità del Fundraising .
“A tu per tu con il socio ASSIF”
Dietro ad ogni socio ASSIF, c’è un fundraiser con tante storie da raccontare e questa è la testimonianza di Paola Farris, fundraiser, consulente, grant writer.
1. La professione di fundraiser, una scelta o un caso?
Abbastanza una scelta. Nell’ultimo anno del Liceo, dopo aver trascorso il quarto anno all’estero, decisi che la mia strada doveva essere orientata all’estero e che volevo essere quella persona che scrive quei progetti di sviluppo che tante volte avevo visti pubblicizzati in TV e raccontati sui giornali. Dalla professione ho poi costruito, a ritroso, la formazione accademica che avrei dovuto percorrere.
2. Quali sono secondo te le skills più richieste nella professione di fundraiser?
Nello specifico del grant-fundraiser, quale sono, ci vorrebbe un bel mix di cuore & rigore: da un lato, infatti, il grant-fundraising richiede metodo, costanza, spiccate capacità di scrittura e di diplomazia per avere a che fare con i partner e con i donors. D’altro lato, però, sono necessarie tante altre qualità umane come l’empatia, il saper emozionare e aiutare il lettore a cogliere la vera essenza del progetto che promuoviamo, il saper leggere i desiderata dei donor anche quando non ci vengono esplicitati.
3. Quando sei entrato in contatto con Assif per la prima volta e cosa vuol dire per te far parte dell’Associazione Italiana Fundraiser?
Ho deciso di iscrivermi ad ASSIF nel 2016: ero appena diventata mamma e avevo ripreso a lavorare dopo la maternità, continuando a essere una libera professionista. Fin da subito ASSIF è stata per me un’occasione per fare rete, per confrontarmi e, non da ultimo, per capire con più forza il valore della mia professione.
4. Che consigli daresti ad un giovane che vorrebbe intraprendere la carriera del fundraising?
Avere spirito d’iniziativa, formarsi costantemente, chiedere consiglio e aiuto ai senior fundraiser, entrare in sintonia prima di tutto umana e poi professionale con le cause che si promuovono, mettersi costantemente in gioco e in discussione. Essere curiosi per le novità, non smettere mai di imparare.
5. Dove porteresti a cena un major donor?
In una attività di imprenditoria sociale, per fargli (ulteriormente) comprendere le potenzialità di sviluppo di una giusta causa sociale.
6. A causa dell’emergenza Coronavirus, abbiamo affrontato nuove sfide e grandi cambiamenti dal punto di vista professionale. Quali difficoltà hai riscontrato lavorando con le organizzazione del non profit e come hai affrontato questo periodo?
Da un punto di vista prettamente logistico, per me non è cambiato nulla perché, come libera professionista, lavoravo già prima della pandemia prevalentemente in smartworking. I focus della raccolta fondi sono però cambiati, per questo il consiglio (e quello che ho cercato anche io di fare) è di essere mentalmente elastici, rimettersi in discussione per acquisire nuove competenze tematiche e tecniche, e riuscire, nel grant-making, a leggere i nuovi trend anche prima del tempo.
7. Dì una cosa nel dialetto della tua regione a tutti i fundraiser?
“Cando si tenet su bentu est prezisu bentulare“, letteralmente: “Quando si leva il vento, bisogna trebbiare”.Ovvero: “Quando il momento è propizio, bisogna separare i semi dalla pula”. Detto altrimenti: “Al momento giusto, teniamoci le cose che valgono e liberiamoci del resto”.
Approfondimenti utili per coloro che praticano la professione o vorrebbero scoprire le opportunità del Fundraising .
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